Un’area estremamente fragile. Un territorio artificiale frutto di profonde modifiche operate dall’uomo fin dalla notte dei tempi, che si regge su un precario equilibrio fra acqua, cielo e terra. È un luogo comune pensare che prima della bonifica integrale degli anni Venti del Novecento le Paludi Pontine fossero completamente disabitate. La pianura anticamente non era tutta allagata, vi erano infatti delle aree asciutte ed era attraversata da tre strade principali : la Via Severiana sulla costa che collegava Fiumicino a Terracina; la Via Pedemontana ai piedi dei Lepini – Ausoni che collegava i Colli Albani a Frosinone e Terracina ed infine l’Appia, un’opera magnifica con rettifilo Cisterna –Terracina di una modernità assoluta. Tutte le strade attraversavano centri abitati ed erano costellate di ville rustiche ed almeno un paio di queste erano imperiali, come la villa di Domiziano sul lago di Paola a Sabaudia e la villa di Mecenate (villa le Grotte) a Sezze Scalo, dove viene segnalata dalla cartografia antica anche la presenza di un’altra villa imperiale, villa di Augusto, di cui non vi sono però prove archeologiche .
Le tre strade erano collegate da strade perpendicolari ad esse. All’interno della palude c’erano aree più rialzate che ospitavano villaggi stagionali legati alla transumanza, all’allevamento ittico nonché alla sfruttamento forestale della macchia di Cisterna e di Terracina. Il commercio di legname era molto fiorente ed a Passo Genovese (Borgo Sabotino) attraccavano le navi liguri proprio per il commercio di legname e carbone di legna. Le prime tracce di bonifiche risalgono ai Latini e Volsci, si pensa che il canale Rio Martino sia stato scavato da loro. Successivamente i Romani, con la costruzione dell’Appia ed il canale Linea che gli scorre a fianco hanno reso possibile oltre al transito terrestre anche la navigazione fluviale, permettendo la costruzione di centri abitati. Lo stesso Giulio Cesare aveva progettato di deviare il Tevere per prosciugare l’intera pianura. In epoca medievale si ha traccia di un tentativo di Teodorico il Grande, che non produsse grossi risultati. Risultati migliori arrivarono dal 400 fino alla seconda metà del 700 con i Papi, Martino V, Leone X, Sisto V e soprattutto con Pio VI che bonificò gran parte del territorio di Sezze, ancora oggi ne sono traccia le Migliare, strade costruite sulle sponde di canali distanti l’uno dall’altro un miglio. I cambiamenti più incisivi ci furono però negli anni Venti, quando grazie alle nuove tecnologie, il regime fascista riuscì a completare l’opera iniziata millenni prima. Il risultato dell’ultimo intervento di bonifica fu il completo prosciugamento della palude a discapito della perdita della foresta di cui ne rimane solo il lembo compreso nel Parco del Circeo. Dalla bonifica fascista ad oggi il territorio è cambiato notevolmente, in maniera poco organizzata senza una progettazione ad ampio raggio e senza una visuale completa delle area. Più che al corretto uso del suolo lo sviluppo edilizio è stato frutto della più mera speculazione. La forte antropizzazione ha portato ad un aumento delle zone impermeabilizzate dal cemento e dall’asfalto ma ancor di più le aree agricole sono state ricoperte da serre soprattutto nel triangolo d’oro della plastica: Terracina, Sabaudia, Pontinia. L’acqua non raggiunge più il suolo ma arriva direttamente nei canali e scorre veloce verso il mare senza essere più assorbita dal terreno. La bonifica degli anni Venti non era stata progettata per questo tipo di sviluppo. Si è perso il rapporto che le persone avevano con l’acqua, si è smarrita la consapevolezza delle criticità del territorio.