La speranza è li. Basta volgere lo sguardo verso sud ovest e guardare la montagna che dista solo qualche chilometro. Alle sue pendici si staglia il paese di Fossa. Guardando da  questa distanza, da dove tutti gli abitanti di Fossa vivono da quel 6 aprile di dieci anni fa,  i contorni sono sfumati ed i dettagli sono confusi. Non sembra un paese devastato dalla furia del sisma  e non sembra abbandonato e lasciato al suo destino. Ma ad oggi è così, e così sarà per chissà quanti anni ancora. Ma questo paese è la speranza per la gente di Fossa. La speranza che un giorno si riesca a mettere in sicurezza la montagna che incombe sul paese e che oggi ancora minaccia le sue case, e sperare di ritornarvi a vivere. La gente di Fossa che il 6 aprile del 2009 ha abbandonato di corsa il paese, da allora vive in un villaggio fatto di elementi abitativi prefabbricati che in linea d’aria dista pochi chilometri dal paese originario. Doveva essere, almeno così speravano i fossolani, una sistemazione temporanea, ma piano piano il concetto di temporaneità sta assumendo il significato di immutabilità. Per ironia della sorte il paese non è disabitato perché distrutto, ma perché la montagna è instabile, nuove scosse potrebbero provocare frane che lo investirebbero in pieno. Dopotutto parte dei danni che si sono riscontrati qui dieci anni fa sono stati causati proprio dagli enormi  massi che, a causa delle forti scosse, si sono staccati dalla montagna e rotolando a valle hanno aperto ferite nell’animo degli abitanti e brecce imponenti nei muri perimetrali delle case. Girando per il paese abbandonato si vedono i muri  sbriciolati a tal punto da rendere visibili quelle intimità che nascondevano dai passanti: qui una cameretta di bambini con letti a castello, li un tinello con tavolo e sedie su cui nessuno si è più potuto accomodare. Eppure questa è la speranza degli abitanti di Fossa, dopo dieci anni non si sono rassegnati all’idea (o forse non vogliono ammetterlo) che un giorno si riuscirà a ristabilire il giusto ordine delle cose e rendere il loro paese di nuovo loro. Vivo ed abitato. 

La nostra Associazione ha stabilito un legame fortissimo con la popolazione di Fossa, che non si è interrotto con la fine della nostra missione di soccorso di due lustri fa. E’ un legame quasi parentale, di profondo rispetto ed amicizia, nato da una disgrazia ma coltivato e cresciuto in tutti questi anni. L’anno scorso vi siamo ritornati  per accompagnare alcune classi del Liceo Classico Dante Alighieri di Latina impegnate con noi nel progetto alternanza scuola lavoro. Abbiamo ritrovato i nostri amici, ci siamo riabbracciati con gioia e ci siamo riempiti il cuore della loro speranza. 

Di seguito la cronaca di quanto è successo dieci anni fa. 

Alle 3:32 del mattino del 6 aprile 2009 il sisma colse nel sonno migliaia di persone, radendo al suolo case, monumenti, edifici storici, ospedali, università. Moltissime persone non fecero in tempo ad accorgersi del pericolo e fuggire in strada. molti rimasero intrappolati all’interno delle abitazioni e sotto le macerie. Il bilancio finale sarà un bollettino di guerra: 309 morti, 1600 feriti ed 80.000 sfollati. Nelle 48 ore dopo la scossa principale, si registrarono altre 256 repliche e la terra continuò a tremare per settimane. L’epicentro fu individuato a 8 chilometri di profondità a circa un chilometro dal centro dell’Aquiila. Alla mattina lo scenario era apocalittico: il capoluogo di regione era sfigurato diversi edifici monumentali e civili crollati, tra cui la Casa dello Studente e il Palazzo della Prefettura. Gravemente danneggiati anche l’università dell’Aquila e l’ospedale San Salvatore, tutte le chiese furono dichiarate immediatamente inagibili per lesioni o crolli importanti. Pesantissimi i danni anche nei paesi limitrofi, tra i quali c’è anche Onna, che, rasa completamente al suolo, diverrà il simbolo della tragedia.

Alla luce dei danni e delle vittime il sisma dell’Aquila è risultato il 5º terremoto più distruttivo in Italia in epoca moderna dopo quello di Messina del 1908, Avezzano del 1915, l’Irpinia del 1980 e il Terremoto del Friuli del 1976.

Prima dell’alba 10 persone e due mezzi del V.V.A. Latina si misero in moto insieme alla colonna mobile regionale del coordinamento FEPIVOL e raggiunsero Poggio Picenzo (AQ) per fornire assistenza alla popolazione. Il giorno seguente fu raggiunto il paese di Fossa, gravemente lesionato dalle scosse ed investito dalla frana staccatasi dalla montagna che incombe sul paese. Limitrofo al paese evacuato viene allestito un campo che ospiterà circa 700 persone per i mesi a venire. Il V.V.A., insieme alle altre associazioni del coordinamento, si alternerà sul luogo fino a tutto il mese di novembre, con un impegno che vedrà in campo 25 uomini e 4 mezzi in totale. La lunga permanenza sul territorio ha creato un legame inscindibile di fratellanza tra i volontari e la popolazione di Fossa ancora oggi molto forte.